Chiesa parrocchiale, Baranzate di Bollate

Baranzate di Bollate (MI) – 1956

Architettura: Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti
Strutture: Aldo Favini
Impresa: G. Merone, Bollate
Committente: Donazione privata

Schema statico
Copertura a piastra formata da due travi principali di luce 5,25 m con sbalzi laterali di 3,05 m, sei travi secondarie composte da elementi prefabbricati precompressi in opera con luce di 16,80 m e sbalzi di laterali di 5,90 m, sostenuta da quattro pilastri poggianti su basamento.

«… La cella si presenta come un solido di 28 per 14 metri alto 10, interamente rivestito di pannelli di vetro resi traslucidi dal foglio di polistirolo che contengono. Di giorno questa superficie determina all’interno una generale diffusione della luce che attraversa la materia bianca dell’isolante. Di sera all’esterno il volume dell’aula si trasforma in una lampada opalescente che illumina le aree circostanti. La copertura piana corona le facciate del volume, mostrando sui diversi lati il suo ordinamento strutturale. All’interno il tetto è sorretto da quattro colonne rastremate alte 8 metri che portano trasversalmente le due travi principali e le sei travi secondarie rivolte verso l’ingresso. L’ossatura di ciascuna è formata da 30 conci di calcestruzzo di forma ad X reversibile, uniti e precompressi in opera. Lo spazio è coperto da 180 pannelli prefabbricati piani, 36 per campata…».

Da GB in “Casabella”, n. 721.

«… Dall’arch. B. Morassutti avevo ricevuto a suo tempo l’incarico di progettare una struttura prefabbricata che doveva essere ripetitiva e i cui elementi dovevano essere realizzati in un centro di prefabbricazione per poi essere distribuiti a piccole imprese per la realizzazione delle varie opere in altre zone. L’opera, finanziata da un privato, parente dell’arch. Morassutti, doveva avere una pianta rettangolare e svilupparsi su un’area di circa m 15 x 30.
Il primo istinto era quello di porre i pilastri nelle estremità A,B,C,D, le travi principali A-B,C-D e le secondarie secondo il lato maggiore.
La sezione prevista aveva però a mio avviso una serie di inconvenienti: l’elasticità della copertura creava dei momenti di flessione sui pilastri, e il peso e le dimensioni degli elementi prefabbricati (1,300 t/ml) erano notevoli, e male si prestavano ad essere maneggiati da parte di piccole imprese. Bisognava studiare qualcosa di più manovrabile.
La soluzione era quella di spostare verso il centro i pilastri, ridurre notevolmente le caratteristiche esterne della sollecitazione, non creare momenti di inflessione alle strutture verticali.
Vi era quindi la necessità di una struttura i cui cavi di precompressione raggiungessero le estremità della copertura per operare la tesatura esterna col sistema Favini.
Quindi una campata centrale e due sbalzi esterni i cui massimi momenti flettenti, pur di segno contrario, fossero uguali in valore assoluto. Nasceva quindi la soluzione tecnica architettonica dell’elemento a trave triangolare rovesciata alla mezzeria e all’incastro. La combinazione delle due sezioni ha portato alla soluzione finale.
E fin qui la giustificazione tecnico-matematica, ma la realtà dell’idea strutturale è diversa. Dopo il primo tentativo della trave secondaria sulla luce di 30 m, poi abbandonato, feci una pausa di riflessione dovuta ai forti impegni con l’Impresa Tamburini di Milano. Per l’arredamento della mia residenza disegnai una piccola scrivania che tuttora esiste nel mio studio di viale Filippetti, dove i sostegni verticali erano costituiti da due strutture ad X con le aste inclinate di 60°. Anche l’elemento orizzontale su cui appoggiano i piedi è una struttura ad X. Ogni volta che entravo in casa mi soffermavo a guardare quella scrivania: da qui è nata la struttura della copertura di Baranzate, sia per le travi che per i copponi.
Per simpatia anche le travi principali di m 0,30 x 1,30 appoggiano sui pilastri con lo stesso principio delle secondarie, cioè con l’uguaglianza dei momenti flettenti in mezzeria e agli appoggi…».

AF 2004.

 

  • Anno
    1956
  • Tipologia
    In evidenza, Opere in collaborazione
  • Architetto
    Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti

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